La liquirizia Amarelli conquista New York:  bastoncini di radice pura, confettini, caramelle, favette alla menta, rombetti all’anice, morette all’arancia, sentarori alla violetta, sono i prodotti più venduti nel megastore di Eataly, tempio delle eccellenze italiane a Broadway,  terza attrazione della Grande Mela, con più visitatori del Moma. Un successo che si replica in 20 paesi: un milione di scatolette di latta Amarelli gira il mondo ogni anno dai Caraibi alle Antille francesi, dall’Europa al Sudamerica, alla Nuova Zelanda, all’Australia. Un brand che evoca  il miglior Made in Italy,  riscattando una  terra afflitta da continue urgenze sociali e produttive: la Calabria.
E’ calabrese  infatti la migliore liquirizia del mondo, come riporta  l’autorevole Enciclopedia Britannica. La pianta è diffusa anche in Oriente, “ma la differenza è la stessa che passa tra un vino e uno champagne”, puntualizza Pina Mengano Amarelli,  presidente della Amarelli Sas, conosciuta anche come Lady Liquirizia, unica donna Cavaliere del lavoro in Calabria.  Ha presieduto Les Hénokiens, club internazionale che riunisce le dinastie industriali con duecento anni di storia familiare e oggi è consigliera di amministrazione della Banca Popolare dell’Emilia Romagna. Nel “concio” di famiglia del marito Franco Amarelli, da 40 anni porta avanti con straordinarie doti imprenditoriali una lunghissima tradizione familiare.
Afrodisiaca e digestiva, la liquirizia ha addolcito  il palato di  Casanova,  Napoleone, Rousseau. Ma la sua storia è molto più antica: comincia a Rossano, sullo Jonio, nel 1500 e anche prima, quando la radice pura di glycyrrhiza  glabra, dolce e amara, sosteneva pellegrini e soldati nelle lunghe marce. L’idea di estrarre il succo arriva dopo,  nel ‘700, con la realizzazione di un grande impianto. Una rivoluzione in un territorio appena avviato all’industrializzazione. Sono tempi d’oro nella Piana di Sibari: già si lavora lo zucchero di canna, la cannamela, la seta. La liquirizia cresce spontanea nelle scarpate, fino al litorale. Gli Amarelli coltivano, raccolgono e lavorano la pianta, imponendosi sin dall’inizio anche all’estero: “Gli inglesi venivano in Calabria a rifornirsi di pece per impermeabilizzare le navi – racconta l’imprenditrice –  così scoprirono la liquirizia con cui iniziarono a conciare il tabacco”. Quando non riuscivano a pagarla, la scambiavano con selle e altri finimenti da cavallo per donne e bambini, realizzati dal sellaio della casa reale inglese.
Lo provano i documenti conservati nel museo della liquirizia, nell’antico stabilimento calabrese. Intitolato a Giorgio Amarelli, è il  secondo museo d’impresa più visitato in Italia, dopo quello della Ferrari. Ed è anche storia di un intero distretto industriale, di  ottanta aziende che rappresentavano nel Settecento gran parte del sistema dolciario europeo.  Un’iniziativa di impresa e cultura, che, appena avviata, 13 anni fa,  ha ricevuto  il Premio Guggenheim. Oggi conta 40.000 visitatori e il fatturato del punto vendita sfiora un milione di euro.
Il prestigioso  riconoscimento segue la medaglia d’oro dell’Associazione dei chimici italiani consegnata all’azienda calabrese nel 1987 per aver saputo collegare artigianalità e tecnologia avanzata in tutte le fasi della lavorazione: quella della concentrazione finale, che avviene ancora oggi a cielo aperto per non alterare il colore, sotto l’occhio vigile del mastro liquirizaio, colui che sorveglia sul grado di solidificazione del prodotto. Poi  l’asciugatura, eseguita  senza agenti chimici, con getti di vapore e apposite stufe.
Oggi Fortunato e Margherita​ Amarelli, rispettivamente amministratore delegato e direttore commerciale, sono i manager di una compagine societaria tutta familiare, di undicesima generazione: 35 dipendenti (più gli stagionali), 30% il  prodotto esportato,  4 milioni di fatturato. “Siamo piccoli ma leader nel mondo” afferma la presidente .
La produzione è destinata in parte anche al settore erboristico e farmaceutico. Ma in campo alimentare la gamma è sempre più ampia: cioccolato aromatizzato, pasta, biscotti e panettone, acqua di Colonia e shampoo alla liquirizia prodotti con le Officine di Santa Maria Novella a Firenze, la grappa in collaborazione  con i Guicciardini Strozzi, poi liquore e sambuca,  birra nera e bionda, le confetture,  il sale e le tisane firmate Twinings. Gli aromi per confetti e caramelle sono tutti mediterranei:  la violetta dei boschi silani, la mentuccia che cresce vicino al mare, le arance della Piana di Sibari.